Parliamo della Nuova Orchestra Santa Balera, una produzione MEI – Meeting delle Etichette Indipendenti in collaborazione con Regione Emilia Romagna per la Campagna Verso il Liscio Patrimonio Immateriale dell’Unesco. Parliamo con Giordano Sangiorgi, portavoce in prima linea del progetto che punta a restituire valore e centralità culturale e identitaria al genere liscio, bandiera italiana nel mondo. Oggi “Romagna mia” compie 70 anni ed è questo il vero pretesto che porta i giovanissimi dei Santa Balera a festeggiare in pompa magna sul palco dell’Ariston nella serata di oggi, mercoledì 7 febbraio. Con loro il figlio di Raul Casadei, Mirko, si esibirà anche accompagnato dai suoi solisti Marco Lazzarini, Stefano Giugliarelli e Valeria Magnani.
Lei, che con il MEI ha fatto circolare tutta la musica indipendente italiana per un quarto di secolo, quale future vede adesso sia per gli artisti indipendenti che per i fruitori?
Diciamo che il futuro della musica indipendente c’è se questa riuscirà a costruirsi fuori dai circuiti main stream attuali una piattaforma di streaming digitale, nazionale e internazionale, che possa economicamente rendere al sostegno di coloro che fanno una musica alternativa alla Major. Al momento questo non c’è ed è un grosso gp, un grosso momento di difficoltà per la musica indipendente ed emergente perché ovviamente le piattaforme social e streaming non valorizzano tutte queste produzioni che sono per loro prodotto troppo intellettuali e non usa e getta come loro li vorrebbero. Questo dovrebbe essere un primo obiettivo che dovrebbe essere tra l’altro definito non da soli dalle aziende nazionali singoli ma assieme ai governi proprio per tutelare le produzioni locali, dei singoli territori contro lo strapotere delle piattaforme multinazionali monopoliste che favoriscono solo determinati generi main stream commerciali che si possono vendere ovunque.
Ha un ricordo del liscio legato ai suoi genitori e ai suoi nonni?
Mi occupo anche di liscio proprio perché la mia vita è ricca di ricordi legati al liscio. Ovviamente non solo quelli però… la mia mamma era una grande ballerina che ogni domenica veniva portata da mio padre a ballare mentre lui restava fuori ad ascoltare per un’ora e mezza ad ascoltare tutto il calcio minuto per minuto e poi rientrava. Mio padre era un musicista e a casa mia spesso venivano artisti con la fisarmonica a fargli ascoltare i primi provini prima di far uscire nuovi brani su cui gli chiedevano dei pareri. In più ovviamente i miei genitori compravano tanta musica di liscio in cassetta che venivano consumate soprattutto l’ora di pranzo così com’erano accaniti ascoltatori di Radio Capodistria che com’è noto è stata la radio degli auguri della generazione dei nostri genitori e nonni, radio che passava in continuazione “Romagna mia” ed altri brani legati alla tradizione del floklore romagnolo. Quindi il liscio è nel mio DNA anche perché quando formavamo i primi complessivi a metà degli anni ’70 si andava a suonare nelle discoteche del tempo e si facevano 5 lenti e 5 svelti e si dovevano alternare anche qualche brano di liscio.
Come creda si possano coinvolgere le nuove genarazioni dal punto di vista dell’ascolto del liscio?
Diciamo che il liscio, almeno nella nostra regione, dovrebbe diventare una materia di studio nei conservatori, sia dal punto di vista storico che dal punto vista musicale. Così come dovrebbe diventare un elemento stesso di specializzazione per i musicisti. In generale dovremmo fare in modo che nei territori ad alto tasso di vocazione folk e di musiche territoriali ben specifiche, siano proprio le scuole a tenere viva la tradizione delle proprie canzoni popolari.
Che future vede per la Generazione Z del liscio? Può trovare un suo percorso e una sua identità o dovrà piegarsi alla legge dello streaming?
Vedere il futuro della musica, nell’era dello streaming ma soprattutto nell’era dell’A.I. e dei tanti cambiamenti tecnologici che stanno arrivando, significa anche avere la palla del futuro come il Mago Otelma. Battute a parte, ovviamente così non è, non me la sento di fare delle previsioni. Di certo è che siamo di fronte all’esistenza di due mercati. Da una parte il mercato dell’intrattenimento con canzonette banali tutte uguali, usa e getta, con testi insignificanti che fanno da intrattenimento commerciale che troviamo dentro tutti i principali festival. Dall’altro, c’è un diverso mercato fatto di musicisti che fanno i più diversi generi e che sono quelli “emarginati” da tutte le piattaforme di streaming – e penso ai gruppi rock, alla canzone d’autore impegnata, penso ad un pop innovativo e sperimentale, penso alla musica elettronica sperimentale, al folk, al jazz, anche al liscio, alla world e tantissimo altro – artisti che fanno un altro tipo di mercato, artisti capaci di suonare, capaci di restituire brani significati e importanti che però oggi non trovano un terreno fertile e disponibile nel mare digitale che vuole prodotti usa e getta per massimizzare i profitti. Prima o poi arriverà il tempo in cui esisterà una massa critica capace di sostenere una piattaforma digitale indipendente alternativa che darà vita a tutti questi generi… così come accadeva in Italia 20 o 30 anni fa esisteva e si era creata una distribuzione fisica alternativa di artisti indipendenti.