La crisi corre tra le pagine, che rischiano di rimanere bianche. O non esserci più, punto. Brutto solo a dirsi vero? Eppure è così!
Costi in costante aumento nell’approvvigionamento delle materie
prime, in questo caso la cellulosa, e nella disponibilità del prodotto finito, ovvero la carta, stanno trascinando, velocemente, il settore in una congiuntura negativa.
Meno carta, e più costosa, uguale meno libri.
Tra le righe sta accadendo ciò che possiamo verificare ogni giorno con i prezzi che si infiammano: energia, alimentari, servizi, beni durevoli.
Tutto costa di più, con all’orizzonte una sforbiciata ai consumi, i libri fra le prime vittime. Un quadro generale, tra l’altro poco felice, è proprio questo, ma, da vecchio romantico quale sono, non posso non far riferimento al mio passato scolastico: ebbene si, seppur pesante, ingombrante, scocciante alle volte, un testo scolastico ( soprattutto delle materie che mi affascinavano ) era per me una sorta di Bibbia ( perdonatemi l’accostamento quasi blasfemo ) da conservare gelosamente e studiare con attenzione. Devo dire che tutt’ora conservo alcuni testi di filosofia liceali e/o universitari e che, seppur raramente causa tam tam della routine quotidiana tra lavoro e impegni vari, rileggo volentieri! Perché ne parlo di questi miei ricordi? Beh, perchè spesso ho pensato che i manuali scolastici, a seconda di come sono fatti, possano avere un loro ruolo educativo per i ragazzi a prescindere dagli insegnanti. Un’altra cosa mi passava per la testa, confrontandomi un po’ con le nuove generazioni e i loro studi, soprattutto liceali: i nostri programmi scolastici ( penso soprattutto alle materie letterarie ) sono cambiati estremamente poco nel corso dei decenni, oserei dire che i programmi di letteratura italiana attuali nelle scuole superiori non siano molto diversi da quelli che potevano esserci negli anni ’50. Ho la sensazione che ci si sia da tempo immemore rinchiusi in un canone molto rigido. I nomi, per carità, sono sempre quelli ( Dante, Petrarca, Tasso, Leopardi, Manzoni, D’Annunzio, etc.), ma anche l’interpretazione critica dei loro testi è sempre la stessa ( la divisione fra pessimismo storico e pessimismo cosmico per Leopardi, e via dicendo ). Per contro, un’enorme e fondamentale fetta di letteratura continua ad essere ignorata, tutta la letteratura più “popolare”, dalle liriche tradizionali ai canovacci della Commedia dell’Arte, per quanto fondamentale per la nostra cultura, non ha mai trovato posto nel nostro “canone”. Persino un capolavoro universalmente celebrato come il Pinocchio di Collodi ancora non compare nelle nostre antologie di letteratura italiana per il pregiudizio, ormai chiaramente ridicolo, che è soltanto un libro per bambini! Torniamo a noi, e al fulcro della nostra puntata di oggi, il ruolo del promotore editoriale scolastico e la crisi del settore al giorno d’oggi. Prima di cominciare il nuovo anno scolastico c’è una cosa che gli studenti e di conseguenza le famiglie devono cominciare a fare: la spesa per i libri scolastici, un bel corredo da avere già pronto durante la prima settimana di settembre, così da cominciare la scuola senza problemi. Inutile farci troppi giri di parole, il ruolo del promotore ( o informatore che dir si voglia ) scolastico è da sempre stato demonizzato, e soprattutto lato genitori che acquistano da sempre libri di testo per i propri figli e con enormi sacrifici economici spesse volte. Tra i tanti mestieri di cui si compone il variegato mondo dell’editoria, scolastica nel nostro caso, quello dei promotori è perlopiù sconosciuto, ma in grado di incidere in maniera positiva o negativa sulla formazione dei bambini di ieri e di oggi, classe dirigenziale del presente e del futuro. Ci si può chiedere domande tipo: ma chi è in realtà il promotore editoriale scolastico? Bene, è colui che invia testi in visione ai docenti affinché venga scelto per l’anno scolastico, e per poterlo fare al meglio è necessario che necessario parlarne dal vivo, per approfondire al meglio, discuterne e scegliere il miglior testo possibile che possa interfacciarsi con la linea di programma dell’insegnante stesso! Da tempo, per evitare di pesare eccessivamente sulle famiglie, il MI sta cercando di venire incontro ai genitori dando la possibilità ai collegi dei docenti, ad esempio, di confermare testi già adottati, oppure permettendo alle scuole di provvedere, al posto del libro di testo, all’adozione di materiale didattico alternativo (come dispense autoprodotte). Manca tuttavia, anche questa volta, un intervento semplice quanto rilevante: l’aggiornamento dei tetti di spesa sui libri di testo per le scuole secondarie, rideterminati in base all’inflazione e, non di meno, tenendo conto della situazione economica odierna. Questo, purtroppo, non avviene da circa un decennio: dall’anno scolastico 2012/2013. Come dite? Cosa sono i tetti di spesa? Beh, sono quote massime definite dal ministero dell’Istruzione per quanto riguarda il costo complessivo del materiale librario necessario per seguire le lezioni di una determinata classe di ogni ciclo scolastico. Ma, concretamente, cosa stabiliscono le tabelle sui tetti di spesa? Un alunno, in teoria, dovrebbe spendere al massimo circa 294 euro per i libri di prima media, 117 per quelli di seconda, 132 per i testi di terza. Per quanto riguarda, invece, la scuola superiore la situazione cambia a seconda della tipologia. Tralasciando per un attimo i numeri, andiamo a scoprire il disagio e la crisi del promotore editoriale: oggi, e in particolar modo in questi ultimi tempi come accennavo ad inizio puntata, tutto è aumentato, dall’energia alle materie prime necessarie … è inevitabile che di conseguenza aumenta anche il costo di un testo! In più, fattore non trascurabile affatto, è la continua e costante diffidenza nell’era post covid, nel fare accesso libero ai promotori nelle scuole, seppur una circolare ministeriale lo consente!!! In conclusione posso dire la mia: ritengo che per non si possa non partire dalla scuola per far ripartire questo paese; ma da questa frase che tutti ripetono a macchinetta, discende l’obbligo di approfondire i problemi, avere il coraggio di perseguire delle soluzioni innovative e soprattutto uscire dagli slogan.