Francesco Buzzolan, in libreria con “Appunti di viaggio”, si è raccontato a noi in questa intervista, dove secondo l’esperienza dell’autore Viaggiare è una delle più grandi opportunità al mondo per aprire la mente verso nuovi orizzonti e confrontarsi con il nuovo.
Ciao Francesco, benvenuto sulle pagine di I Love Magazine. Perché nasce il progetto editoriale “Appunti di viaggio”?
La natura del mio ruolo di Export Manager mi porta da oltre quindici anni a “cercare fortuna” fuori dai confini nazionali mentre nei precedenti 15 ho esplorato in lungo e in largo il nostro bellissimo paese. In altre parole per lavoro ho sempre viaggiato molto e l’esperienza che ho accumulato come uomo e professionista non poteva rimanere custodita solo dentro di me; sentivo che dovevo condividere le mie conoscenze e la mia visione con qualcuno che idealmente potesse raccogliere il testimone. La condivisione ha un potere forte, fa crescere, responsabilizza e in fine riequilibra; il mare di emozioni che ho vissuto in tutti questi anni doveva uscire ed essere canalizzato in questo progetto che avevo in testa da tempo, ed eccomi qua. Chi scrive al mio livello non lo fa senz’altro per denaro né per la fama fine a sé stessa. Con Appunti di Viaggio vorrei cercare di incarnare quella sorta di mentore che non ho avuto ed essere di aiuto in primis ai giovani viaggiatori, dando loro preziosi consigli e spunti per cogliere al meglio la grandissima opportunità di crescere esplorando il mondo per lavoro.
Cosa vuol dire per te viaggiare?
Con il tempo il viaggio è diventato una parte rilevante della mia vita, anzi vorrei dire che quasi tutto ruota attorno ad esso. Ho imparato a considerare il viaggio non come una privazione o un sacrificio ma come una grandissima opportunità per scoprire e scoprirmi in una dimensione diversa da quella “casalinga”. Ho scoperto che il valore al quale tengo di più è la libertà e il viaggio incarna perfettamente questo ideale e questo modo di essere. Organizzare un viaggio a tavolino, fare una valigia, varcare le porte di un aeroporto, guidare per ore in auto.. tutto ciò mi procura piacere e mi fa entrare in una dimensione diversa facendomi vivere quasi una vita parallela fatta di equilibri ben precisi da mantenere e di responsabilità alle quali fare fronte. Chi viaggia per lavoro ha come focus principale l’oggetto della propria missione ma ha anche il dovere morale di utilizzare quel tempo per esplorare e vivere nuove esperienze che arricchiscono in modo eguale l’uomo e il professionista.
Qual è l’emozione più grande che vivi durante i tuoi viaggi?
Ho una sensibilità spiccata (se così si può dire) e questo mi porta a sentire in modo a volte amplificato le emozioni più diverse quando mi trovo in contesti e situazioni particolari. Trovo difficile sintetizzare una risposta come questa poiché di bellissimi momenti e di conseguenti emozioni ne ho provate tante fino ad ora… direi che la mia anima si riempie davanti a paesaggi mozzafiato, quando mi immergo in luoghi dal fascino magnetico (non importa che siano grandi città o paesini di campagna) ma anche quando mi gusto un caffè in un locale tipico dopo aver concluso positivamente uno dei miei appuntamenti, oppure ancora quando ammiro il mare di nuvole bianche dal finestrino dell’aereo. Ecco, i pensieri più raffinati li faccio proprio in quei momenti, quando entro in contatto profondo con le mie vere emozioni, vivendo la vita e il mondo a modo mio.
C’è un posto che ti ha deluso e uno che ti ha sorpreso durante i tuoi viaggi?
Tra le aspettative e la realtà c’è spesso un “gap emozionale” che il viaggiatore dovrebbe essere mentalmente pronto a gestire. Nella mia esperienza, anche se in alcuni casi le delusioni sono state abbastanza forti, il bilancio è numericamente a favore più delle sorprese. Il viaggiatore professionale, a differenza del turista entra spesso nel cuore e nella realtà dei luoghi che visita, vive le città da attore attivo ed ha l’opportunità di cogliere sfumature che diversamente sarebbero difficilmente intercettate.
Un esempio concreto di delusione è stata la città di Atene che immaginavo nettamente diversa da quella che era nel mio immaginario. Il Partenone che sorge sull’acropoli sembra essere davvero l’ultimo aggancio rimasto dell’antica civiltà ellenica, soffocato da una città sporca e opprimente dove la speculazione edilizia non ha nulla a che fare con i canoni del bello nati in tempi lontani proprio dalla cultura da cui proviene.
Per contro sono stato favorevolmente colpito dal Portogallo (che non ho mai veramente considerato) per i paesaggi bellissimi, per il calore della gente e per il buon cibo. Anche i paesi Baschi spagnoli e francesi hanno fatto breccia in me per la loro unicità, per la bellezza, per la ostinata indipendenza e per la fierezza della gente. Ci sarebbe moltissimo altro da dire e magari sarà oggetto di un prossimo libro più avanti.
Dove ti porterà il tuo amore per la carta e la penna? Su cosa stai lavorando?
Per il momento posso solo dire dove questo amore mi abbia condotto fino ad ora e quale gioia ed entusiasmo abbia portato la scrittura nella mia vita. Chi come me non lo fa di professione è sganciato da obblighi di bilancio e di conseguenza gode della parte migliore di questa modalità comunicativa. Ho compreso come per me la scrittura vada ben oltre il piacere della condivisione ma sia anche un efficace mezzo per entrare in comunicazione profonda con me stesso.
Da quando ho rotto il ghiaccio con la scrittura (pubblicando prima TUTTO DA RIFARE e poi APPUNTI DI VIAGGIO), ogni accadimento che suscita in me un interesse di rilievo diventa un potenziale argomento di scrittura. Prendo appunti ogni volta che nella mia mente si presentano pensieri nitidi e intuizioni, non importa che sia notte o giorno. Nei miei sogni mi piacerebbe cimentarmi in generi letterari diversi in base alla mia crescita e al mio sentire.
Per il momento ho in cantiere, in fase abbastanza avanzata, un testo sulle vendite che pretende di uscire dalle convenzioni e i canoni classici del “diventa il migliore e il più grande”. Al contrario mette al centro l’uomo e i suoi bisogni, i suoi sogni e le sue aspettative nel contesto della creazione di valore non fine a sé stessa ma “circolare”. Penso a questo come a una sorta di “eredità professionale” con l’obiettivo di lasciare un segno diverso in una cultura ahimè incentrata in larga parte sul profitto e sulla speculazione.