La musica può diventare uno strumento di narrazione per episodi di cronaca? Ebbene si! Oggi, ad Imagine – Il Mondo Che Vorrei, siamo entrati nel vivo di un’altra delle nostre piccole inchieste parlando e indagando su un tema spinoso, l’immigrazione! Un tema così particolare deve essere discusso necessariamente con un vero Reporter, motivo per cui oggi mi sono avvalso del supporto di un noto giornalista di RaiNews24 nonché direttore della testata Articolo21, Stefano Corradino, una persona che utilizza la musica ( sua passione da sempre ) per raccontare la cronaca ( proprio oggi esce un suo vinile a tema, Note di Cronaca, 7 canzoni scritte, suonate e cantate da lui e tratte da 7 servizi giornalistici su Rainews24. Storie civili e sociali ).
Immigrazione, la paura dell’altro al di fuori di noi… Non si può dire che non sia vero nè che la retorica anti-migranti si è diffusa a macchia d’olio in tutta Europa.
Il senso di appartenenza ad un gruppo, ad una razza, dà indubbiamente un senso di sicurezza, ci fa sentire protetti anche perchè ci rapportiamo con il conosciuto, un familiare, a consuetudini condivise dal conosciuto. L’ignoto spaventa, sempre: l’immigrato rappresenta ciò che non è conosciuto, ma il problema è che spesso nei fatti non prevale la voglia di approfondire, di conoscere, ma di ghettizzare, estraniare, cacciare via ciò che non conosciamo. Il rifiuto dell’altro è sostanzialmente il tentativo di salvaguardare il sé e la propria identità perché ci si sente minacciati dalla diversità; la diversità fa paura ma se si vuole sconfiggere la paura è necessario conoscerla. Proviamo però per un attimo a spingerci più in là fino a riflettere su cosa significa per ognuno di noi lo straniero, il migrante, l’Africano, l’uomo di colore, il diverso … in sintesi l’Altro, proviamo a fare lo sforzo di liberare la nostra mente per un attimo dai fatti quotidiani che ci assillano le orecchie e gli occhi, dai fatti storici, dai pregiudizi, preconcetti e stereotipi che nel bene o nel male appartengono ad ognuno di noi, per concentrarci su come noi viviamo la presenza di un’Altro diverso da noi sul nostro territorio, in casa nostra: sono convinto che emergerebbero i più svariati vissuti, emozioni, sensazioni che sono patrimonio specifico di ognuno di noi, ma certamente ritroveremmo dei punti in comune che ci uniscono, e che ognuno di noi elabora e di conseguenza agisce nel mondo reale in maniera differente l’uno dall’altro. Il punto è che i popoli da sempre si sono spostati da una parte all’altra del mondo, in cerca di migliori condizioni di vita. Guerra e povertà sono le prime cause. Certo, vedere immigrati ai bordi delle strade, accampati alla stazione o nei giardini pubblici, genera, oltre che degrado, una certa ansia, perché sappiamo quanto la disperazione sia pericolosa, ma al tempo stesso ci chiede aiuto e, per darlo, dobbiamo pensare a delle soluzioni non alla paura o, peggio, al disprezzo! E poi: “Sono troppi”. No: l’Italia non è “invasa” dai migranti: i dati recenti dimostrano che il numero di immigrati sia in calo dal 2007, già prima dell’inizio della crisi economica e della “Primavera araba” che ha coinvolto soprattutto il Nord-Africa tra il 2010 e il 2011, spesso additato come origine del problema migratorio. L’Italia non è il porto d’approdo preferito dei migranti, a differenza di quanto si voglia far credere: il nostro Paese è solo lambito da una piccola parte del fenomeno, quella che riguarda i viaggi via mare, e non è quasi minimamente interessata all’immigrazione via terra, che riguarda di più il Nord Europa. L’Italia è uno dei passaggi più veloci verso le mete più ambite, come Germania e Svezia, che, da sole, accolgono più della metà delle richieste d’asilo del Continente.
Un ultimo punto del focus di oggi che vorrei approfondire:
Chi sono gli immigrati che ogni giorno sfidano ogni sorta di avversità pur di raggiungere l’Europa? e perchè lo fanno? E poi, una volta giunti alla meta che vita li aspetta? Come vivono la loro esperienza migratoria?
Basterebbe davvero poco per capire che sul tema flusso migranti se ne dicono tante, circolano spesso luoghi comuni e, spesso fake news … Ecco, come spesso racconto ad amici e persone “ostili” verso i migranti, un episodio che mi è accaduto non molto tempo fa a Mercogliano (Av). In una calda giornata di agosto, sono andato con la mia famiglia a pranzo in un noto ristorante della zona… Passeggiando dopo pranzo per le stradine tipiche incontro 2 ragazzi del Senegal che impauriti mi evitano dicendo “Italiani razzisti”…e solo dopo averli rassicurati e facendogli vedere il mio braccialetto della pace () mi sorridono dicendo “tu bravo, ti voglio bene my friend”… Ecco, ho preso spunto da questo episodio per riflettere e far riflettere un po’ tutti, quei ragazzi, con cui poi ho anche chiacchierato dopo pacificamente, sono scappati dalla loro terra madre, terra di origine, per sfuggire alla fame, per poter dare un futuro migliore ai propri figli. Non sono di certo venuti qui per puro svago, per fare rapine o per rubare lavoro a noi ( anche perchè sotto il profilo lavorativo c’è da sottolineare che accettano e volentieri lavori manuali, lavori che noi stessi rifiutiamo spesso, e anche sottopagati ). A questo punto mi chiedo: è davvero un problema per tutti noi accogliere una persona bisognosa nella nostra terra, senza che lui ci disturbi o rubi nulla? Queste domande le faccio principalmente per chi si professa tanto cattolico ( si va a battere o piett int a chies ) ma poi nella pratica abbraccia ben poco ciò di cui professa la stessa religione…
Nutro forte speranza nei giovani, loro possono tradurre in fatti i temi di vera fratellanza nel mondo e possono tendere una mano piuttosto che essere spinti dall’odio, dalla chiusura verso l’altro. Questo deve essere un momento di grande unità, non devono prevalere le divisioni o conflitti razziali. Dopo anni di lotta volti a non aver paura o ghettizzare l’altro ad di fuori di noi senza uno sforzo comune tutto potrebbe portarci ad essere diffidenti l’uno con l’altro, a non ritornare alla vita di sempre o migliore di prima come in tanti affermano portando l’umanità intera ad una tremenda sconfitta.
In questa mia riflessione prendo spunto da una tra le canzoni più belle del nostro secolo “Imagine” :
“Immaginate che non ci siano patrie
Non è difficile farlo
Nulla per cui uccidere o morire
Ed anche alcuna religione
Immaginate tutta la gente
Che vive la vita in pace”