IL VINO PIÙ ANTICO D’ITALIA HA ORIGINI SICILIANE.
Il vino più antico d’Italia e di tutto il Mediterraneo occidentale è stato prodotto in Sicilia quasi 6.000 anni fa. I suoi residui sono stati trovati in una giara risalente all’Età del Rame rinvenuta in una grotta del Monte Kronio, vicino alla città di Agrigento.
A condurre le analisi è stato un gruppo internazionale di ricercatori coordinati dall’archeologo Davide Tanasi, a cui hanno collaborato anche il Consiglio Nazionale delle Ricerche, l’Università di Catania e gli esperti della Soprintendenza ai Beni Culturali di Agrigento.
Oggi grazie a questa interessante scoperta possiamo avere la conferma che la viticoltura e la produzione di vino in Italia sono più antiche di quanto si possa comunemente pensare: entrambe non sarebbero cominciate nell’Età del Bronzo (come ipotizzato finora), ma bensì quasi 3.000 anni prima.
A conferma di questa tesi, precedenti ricerche avevano permesso di rinvenire in Sardegna alcuni semi di malvasia datati tra il 1.300 e il 1.100 a.C., ma questi reperti potevano solamente attestare la pratica della viticoltura. Questa ricerca, invece, identifica i residui della fermentazione, che implicano non solo l’esistenza della viticoltura, ma anche di una vera e propria produzione di vino.
Le tracce di acido tartarico e del suo sale di sodio rinvenute nella giara, non hanno permesso ai ricercatori di conoscere se quell’antichissimo vino fosse bianco oppure rosso.
Anche l’identikit dei suoi produttori non è ancora stato definito con precisione; quello che attualmente si può supporre è che questi territori erano abitati in passato da comunità di agricoltori e allevatori, in cui iniziava a svilupparsi le prime forme di produzione tessile, mentre il settore metallurgico non era ancora così evidente.
In questo contesto, la viticoltura rappresentava un’importante novità in quanto il vino era un bene prezioso che poteva diventare oggetto di scambio e commercio, così come la sua giara in cui era contenuto.
Quelle rinvenute nella grotta del Monte Kronio, scoperte nel 2010 in occasione di un’esplorazione speleologica, venivano probabilmente usate in un contesto sacro, per contenere cibi destinati per onorare la “divinità della montagna”.
Oltre a quella contenente vino, l’equipe di ricercatori ha provveduto ad analizzarne altre cinque, scoprendo che in alcune di esse erano presenti importanti residui di grassi animali e vegetali lasciati probabilmente dalla preparazione di stufati e zuppe.
In conclusione, questa analisi ha permesso di attestare ufficialmente che in Italia la produzione vitivinicola sia diventata fiorente durante l’Età del Bronzo medio, ma che le prime “sperimentazioni”sono indubbiamente più antiche.
Sino ad oggi il primato del vino più antico d’Italia spettava a quello prodotto in Sardegna circa 3.000 anni fa dalla popolazione nuragica. Un vecchio torchio recuperato nel 1993 sul Monte Zara, nei pressi della città di Monastir in Provincia di Cagliari, custodiva evidenti residui organici di acido tartarico.
Inoltre, nel sito nuragico di Sa Osa furono rinvenuti semi appartenenti ad un antichissimo vitigno sempre risalente a 3.000 anni fa.
Oggi secondo alcuni studiosi, le origini della moderna enologia andrebbero ricercate lontane dall’Italia, ovvero in Iran, Cina o Caucaso, dove i primi vini della storia potrebbero essere stati davvero prodotti, quasi per caso, attorno al 7.000 o 8.000 a.C.