Il rapper Tueff: L’agonia del Vesuvio, la bellezza sepolta dai rifiuti

Il Vesuvio continua a rappresentare uno sversatoio di rifiuti speciali e pericolosi. La devastazione ambientale che va avanti da decenni non si è mai fermata e nessuna bonifica seria è stata ancora effettuata.

Da Posillipo o da Via Caracciolo se ne ammira la straordinaria bellezza. Dall’alto si prende coscienza degli abusi. Ma è da vicino che si tocca con mano la devastazione operata dall’uomo sul Vesuvio, tra le strade e le cave naturali dove nel tempo hanno finito per consumarsi veri e propri disastri ambientali. Se da una parte il cratere continua ad attirare turisti e a ottenere la concreta attenzione delle istituzioni, sul resto del vulcano, lungo le sue pendici, resta la desolazione e la natura deve continuare a farsi strada tra quei rifiuti di ogni genere scaricati illegalmente per decenni.

Il rapper partenopeo Tueff, amante di Napoli, della sua storia, delle proprie radici, studioso del Regno delle due Sicilie e attivista ambientale, ha unito persone che hanno lo stesso spirito e pensiero… Tutti volontari di diversa estrazione sociale si sono adoperati per una bonifica territoriale alle pendici del maestoso vulcano.

<<Ci sono discariche a cielo aperto – dice Tueff- in questi anni sono state scoperte all’interno del Parco Nazionale del Vesuvio, nel territorio di Boscotrecase, Terzigno ed in tutta la provincia partenopea rifiuti di ogni genere, tra parti di carrozzeria di automobili, vecchie tv, scarti di lavorazione edile, plastica, abbandonati sul vulcano. Io, con il nucleo operativo Plastic Free ed altre Associazioni cerchiamo di fare qualcosa per salvaguardare il patrimonio ambientale che circonda Napoli. Ognuno di noi, dev’essere consapevole che la natura dev’essere difesa, perché è importante per la nostra salute, per gli animali, per i nostri figli nei prossimi anni. Diffondiamo e sensibilizziamo il popolo! Amiamo la nostra terra, amiamo la natura!>>.

Il Parco nazionale del Vesuvio, istituito nel 1995 per salvaguardarne le bellezze naturali e le specie vegetali e animali che lo popolano, continua a rappresentare uno sversatoio di rifiuti. L’area, che si estende su 13 diversi comuni, andrebbe protetta. Ma resta zona franca per chi i rifiuti non vuole smaltirli legalmente e decide di avventurarsi tra le strade impervie del vulcano per raggiungere qualche angolo sperduto dove abbandonarli. Nel versante più basso del Vesuvio, dietro une recinzione, un vecchio e sbiadito cartello tra i comportamenti vietati nel Parco elenca anche quello di non depositare rifiuti. Per leggere bisogna avere una buona vista ed avere la fortuna che il reticolo di ferro non copra le parole. Ma evidentemente non serve.

I sentieri che attraversano le pendici del Vesuvio, inizialmente asfaltati o fatti di sanpietrini, salendo diventano sterrati. Pietre laviche e rifiuti ne formano la superficie. Potrebbero essere invasi da turisti, da scolaresche, da appassionati di trekking. Invece sono deserti. Le ginestre ancora fioriscono in quello scempio. La valeriana rossa pure si contraddistingue. Il panorama è mozzafiato. Le poiane volteggiano alla ricerca di prede e della loro caccia lasciano tracce tra i rovi. Nella zona delle Lave Novelle, nel territorio di Ercolano, si possono ammirare gli strati della lava solidificata, quella colata con le eruzioni del 1855 e del 1872. Una meraviglia. Ma è una discarica. Da decenni. I rifiuti hanno finito per innalzare il livello la sponda stradale. Si percepiscono sotto i piedi. I canneti e rovi li nascondono.

La villa romana sepolta dai rifiuti

All’ombra del magma diventato roccia, c’è una delle cave naturali che l’uomo ha reso una discarica, una discarica illegale che sta finendo per seppellire anche una villa di epoca romana emersa con degli scavi che furono eseguiti negli anni Ottanta del secolo scorso. Oggi, a occhio nudo, è difficile individuarla. È ricoperta da qualche arbusto, da pneumatici e materiale di risulta edile che lì sono stati sversati negli anni. Aguzzando la vista e conoscendone la posizione, a stento si è in grado di vedere dall’alto l’opus reticolatum sulle pareti rimaste in piedi. Quel che resta della villa (probabilmente rustica), si trova in una profonda fossa che si apre in quella che è una colmata di rifiuti foderata di verde. Il fondo della buca in un tempo lontano e imprecisato era il piano calpestabile della cava.

L’area, di proprietà privata, in passato è stata sottoposta a sequestro. Oggi si presenta ancora piena di quelle buche che gli escavatori crearono nel 2014 alla ricerca di rifiuti tossici: grazie alla denuncia di un parroco furono trovati numerosi fusti sotterrati da cui fuoriusciva materiale bituminoso. Quella zona non è mai stata bonificata. Oggi è ancora una discarica di rifiuti, che il verde della vegetazione cela, e le cui dimensioni variano solo in aumento, perché c’è ancora chi, probabilmente dall’alto, vi sversa di tutto.

All’interno si possono notare superficialmente guaine, pezzi di mattonelle, materiale edile, amianto, e altri rifiuti arrugginiti dal trascorrere del tempo. Ci sono persino cumuli di bottiglie di vetro rotte. Sembrano arrivare da qualche campana della raccolta del vetro o da qualche ditta che con i contenitori di vetro ci lavora. Una parte sarebbe stata sversata più recentemente, l’altra risulta cristallizzata, probabilmente avvolta dalle fiamme dell’incendio di rifiuti che negli anni scorsi si propagò da via Castelluccio. Eppure c’erano le telecamere di videosorveglianza, quelle di ultima generazione.

In foto vediamo il vicesindaco di Terzigno Genny Falciano Michele Sepe (Terzigno Verde), Tueff, Rosario Andreozzi, Pierluigi Aliperta ( socio di Tueff in un progetto importante che verrà presentato il 30 maggio unitamente al suo progetto musicale) , Francesco Servino e Michele Sepe di Terzigno Verde
Sabrina Sorrentino referente su Terzigno di Plastic Free, Salvatore Palmieri referente Napoli/Pompei Plastic free, Ugo Picciau, Sergio Cozzolino.