di Carlo Ferrajuolo
Foto di Pino Attanasio e Marilena Allocca
Video di: Marilena Allocca
Ci sono spettacoli senza tempo che riescono a far sognare e a rimanere per sempre nel cuore del pubblico. Commedie teatrali capaci di raccontare gli avvenimenti di un particolare periodo storico attraverso le avventure dei propri protagonisti narrando vicende di amori e di passioni, di dialoghi divertenti e di situazioni sentimentali intense e drammatiche accompagnate da canzoni meravigliose e coinvolgenti in grado di far commuovere lo spettatore. E quando tutto questo venne ideato dalla geniale coppia di commediografi e registi teatrali italiani Pietro Garinei e Sandro Giovannini e le musiche vennero affidate allo straordinario talento musicale del maestro Armando Trovajoli, il successo non poteva che essere assicurato.
Rugantino, uno spettacolo che da 60 anni fa la fortuna dei teatri italiani e la gioia di tanti appassionati di questo musical.
Eh già, tanti sono gli anni passati da quel lontano 1962, quando Nino Manfredi, Aldo Fabrizi e Bice Valori (solo per citare i nomi più noti) mettevano in scena la commedia musicale che più di tutte avrebbe rappresentato di là da venire un inno alla romanità.
Sul palco, oggi, in quegli stessi panni troviamo la splendida e intensa Serena Autieri (Rosetta), il simpatico ma non abbastanza “esplosivo” Michele La Ginestra (Rugantino), la solida e affidabile Edy Angelillo (Eusebia) e infine Massimo Wertmuller nei panni per lui nuovi di Mastro Titta (prova superata ma con qualche aspetto da migliorare sui ritmi comici).
Lo spettacolo in scena all’Augusteo di Napoli viene presentato nella sua versione storica originale, con la regia di Pietro Garinei, le musiche del M° Armando Trovajoli e le scene e i costumi originali firmati da Giulio Coltellacci.
Le rivisitazioni storiche dei grandi spettacoli rischiano sempre di tramutarsi in sterili e nostalgiche messe in scena. Ma non è questo il caso: Rugantino è un “quadro” di Roma e della romanità. Nei suoi testi, nelle musiche, nelle scene e nei costumi c’è uno studio e una ricerca tale che lo rendono a tutti gli effetti un’opera d’arte.
Sono tante le generazioni che hanno conosciuto Rugantino il giovane e spaccone alle prese con gli espedienti più improbabili pur di ottenere vitto e alloggio insieme a Eusebia, colei che l’uomo spaccia per sua sorella, ma sono ancora molti quelli che ancora non conoscono fino in fondo quello scansafatiche, dal cuore grande, che batte accelerato soprattutto per Rosetta, sposata però col violento e gelosissimo Gnecco Er Matriciano e per la quale lancia una scommessa: riuscire a sedurla prima della Sera dei Lanternoni.
Nel corso degli anni sono diversi i nomi che hanno vestito i meravigliosi costumi d’epoca di Giulio Coltellacci e non c’è edizione in cui non ritornino alla mente le interpretazioni di più alto profilo come quella Nino Manfredi e di Enrico Montesano per ciò che riguarda il protagonista e quella di Alida Chelli nel ruolo della seducente Rosetta e dell’impareggiabile Aldo Fabrizi nei panni di Mastro Titta. Tuttavia ogni successore è riuscito a dare a quei personaggi, scritti con precisione da Garinei & Giovannini, Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa, una propria impronta, così come continuano a fare oggi Michele La Ginestra, Serena Autieri e quanti compongono il cast attualmente.
La Ginestra era stato Rugantino già nel 2001 e dopo oltre vent’anni, seppur più maturo, incarna a dovere la scanzonata maschera, che si può solo amare, come del resto si prova sentimento per quelle canzoni così iconiche, che non hanno mai perso quel sapore tipico del luogo dove sono nate, da uscire, spesso, anche dalla dimensione teatrale.
Le pregiatissime musiche del Maestro Armando Trovajoli hanno dato il contributo più alto e, anche solo fischiettate, quelle note sono ormai entrate nell’immaginario senza uscirne più. Ecco così che Roma nun fa’ la stupida stasera diviene nuovamente pura poesia in quel botta e risposta tra Rugantino e Rosetta, sommersi dall’applauso della platea tutta all’unisono. La cristallina voce di Serena Autieri riesce ben a fondersi con quella trasteverina d’un tempo, dimostrando di essere un’eccellente “scugnizza”, soprattutto durante una delle scene più forti, quella in cui Rosetta risponde ferita e offesa a quell’uscita poco gloriosa con cui Rugantino si fa grande con Scariotto e gli altri giovincelli: “‘na botta e via”.
Lo spettacolo è invece tutt’altro che fugace e repentino, bensì denso, appassionante, ricco di pathos e……. Un grande applauso lo meritano quelli che vivono nell’ombra degli attori, tutti quelli che lavorano dietro alle quinte per restituire atmosfere da sogno, in questo caso con la Roma papalina dell’800, imponente e magica, straordinariamente ricostruita sulla storica pedana girevole.
Del cast è doveroso citare altri personaggi, nonché interpreti e pietre miliari dello spettacolo; nel ruolo di Eusebia ritorna (come nel 2004 e nel 2018) l’istrionica Edy Angelillo, erede degna di Bice Valori, che del personaggio restituisce ogni sfumatura, per non dire ogni accento, mentre Massimo Wertmuller, sostituito momentaneamente a Napoli dal bravissimo attore Vincenzo Failla nel ruolo di Mastro Titta.
Insieme a loro, un cast di oltre trenta artisti, in cui spicca Marco Valerio Montesano, figlio di Enrico, nel ruolo di Scariotto, ed è molto singolare e fa un certo effetto, essendo identico a suo padre sia nel fisico, sia nel volto, tanto che nelle scene in cui è accanto a Rugantino – La Ginestra sembra di vivere un déjà vu. Degno di nota, non solo musicale, il Serenante e Calascione Matteo Montalto, che impreziosisce con la sua voce da tenore la scena e la storia, donandogli più calore.
Rugantino continuerà con la sua grande fama a saltellare sulle tavole del Teatro Augusteo di Napoli fino al 10 aprile, città della bella protagonista. Indubbiamente la commedia per antonomasia che appassiona e commuove allo stesso tempo e a più riprese, fino ad arrivare a perderci la testa.
In questa situazione il compito degli interpreti, di fatto, è ancor più arduo perché caricato di aspettative e confronti di altissimo livello. Dunque è solo su di loro che si concentra l’intera attenzione e giudizio.
Al trio Rugantino, Mastro Titta, Eusebia si aggiunge Rosetta (Serena Autieri), bellissima e bravissima, elegante e di forte impatto. E’ una Rosetta lontana dalle caratteristiche popolane a cui il pubblico è abituato, ma è riuscita con professionalità a dare vita a una creatura che cattura l’attenzione ogni volta che appare in scena.
A supportare gli attori, in primis la voce soave del serenante (Matteo Montalto) che ci ricorda quanto del bel canto, costola della commedia musicale, si possa sentire la mancanza. Lo dimostra il pubblico che canta commosso dalla platea “Roma nun fa la stupida stasera” e “Ciummachella” .
Il cast è nutrito di attori, tutti in ruolo e doveroso citarli per il lavoro svolto: Monica Guazzini (Vecchia dei gatti), Gerry Gherardi (Prete), Marco Rea (Gnecco), Alessandro Lanzillotti (Bojetto), Pietro Antonino Tosto (Marchese Facconi), Marco Valerio Montesano (Scariotto). A loro si aggiunge un ensemble compatto e preparato, a servizio incondizionato della scena e che trasmette l’affiatamento di un gruppo familiare più che professionale.
Impossibile perdere questo spettacolo che si ha la fortuna di vedere, oltre alla regia, anche con le scenografie e i costumi originali di Giulio Coltellacci. Di questo, si rende merito a Massimo Romeo Piparo che ha dimostrato rispetto nei confronti di un capolavoro da preservare immutato quanto più è possibile.
Per il pubblico i testi, le canzoni, le scene, la regia… tutto è e sarà perfetto così come lo era 60 anni fa (anche se la regia di fatto è quella della versione più nota del 1978 con Montesano e Alida Chelli). Il cast, ha superato la prova e si appresta a portare avanti le repliche partenopee senza timore.
Il teatro non è solo sperimentazione e innovazione (linfa vitale e motore della modernità), ma anche recupero e valorizzazione del patrimonio artistico storico: le grandi commedie musicali come le grandi opere liriche vanno riviste, studiate, ri-applaudite. Grazie Teatro Augusteo.
Carlo Ferrajuolo