Cosa c’è da sapere sul vaccino anti coronavirus di Pfizer e Biontech

I risultati resi noti dall’azienda sono superiori alle aspettative e per questo molto incoraggianti, ma sono ancora preliminari: non sarà questo né un altro vaccino a salvarci dalla terza ondata. 

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Effetti collaterali gravi non pervenuti e efficacia del 90%. I primi risultati della sperimentazione del vaccino anti-coronavirus di Pfizer-Biontech sono oltre ogni aspettativa, a detta degli esperti dell’azienda stessa. C’è giustamente entusiasmo e le speranze di tornare presto alla normalità di prima si riaccendono. Ma – avvertono gli esperti – bisogna rimanere coi piedi per terra: questi dati sono ancora preliminari e se anche venissero confermati a breve, non sarà questo (o un altro) vaccino a cambiare il corso della pandemia nei prossimi mesi.

Ecco cosa sappiamo e cosa ancora non sappiamo sul vaccino Pfizer-Biontech.

Come funziona?

Quello della tedesca Biontech, acquistato dal colosso Pfizer, è un vaccino a mRnatra i primi a essere testato sull’essere umano. In pratica stimola la risposta immunitaria trasferendo un pezzettino di materiale genetico del coronavirus per indurre le nostre barriere difensive a armarsi contro il patogeno, e aggredirlo subito qualora lo incontrassero. Per suscitare una risposta immunitaria consistente dopo la prima dose bisogna sottoporsi a un richiamo.

È sicuro?

Finora i produttori non hanno riferito di effetti collaterali gravi del vaccino a mRna. I test di sicurezza sull’essere umano sono partiti a maggio scorso coinvolgendo piccoli numeri di persone. Delle quattro varianti testate è stata selezionata quella che ha dato la frequenza più bassa di effetti avversi lievi e moderati (febbre e affaticamento). Non avendo riscontrato nulla di preoccupante, l’azienda ha potuto procedere con la fase 3 di sperimentazione su un numero molto ampio di partecipanti, circa 44mila, confermando il buon profilo di sicurezza. Tuttavia, dal momento che si tratta di un prodotto nuovo con un approccio nuovo sviluppato in tempi record, la sorveglianza sui volontari che hanno partecipato alla sperimentazione continuerà per un paio di anni.

È efficace?

La fase 3 di sperimentazione è stata avviata da Pfizer a luglio scorso coinvolgendo 44mila persone. A metà dei volontari è stato somministrato il vaccino anti coronavirus, all’altra metà della soluzione fisiologica come controllo. Per valutarne l’efficacia, gli esperti hanno dovuto attendere che un sufficiente numero di volontari si fosse ammalato di Covid-19 (94) e andare a vedere persona per persona chi avesse ricevuto il vero vaccino. I risultati di questa prima analisi parlano di un’efficacia del 90%, il che significa che ad ammalarsi di Covid-19 sono stati in maggioranza i volontari nel gruppo placebo.

Pur trattandosi di dati preliminari, questi risultati vanno oltre le aspettative, superando il livello di protezione conferito da altri vaccini già approvati (gli antinfluenzali hanno un’efficacia tra il 40 e il 60%). Basti pensare che la Fda statunitense ha posto come limite minimo per presentare richieste di autorizzazione di vaccini contro il coronavirus il 50% di efficacia.

La sperimentazione comunque non è terminata e un aggiornamento sulle capacità del vaccino Pfizer arriveranno quando verrà raggiunto il numero di 164 casi di Covid-19 tra i volontari. Bisogna sapere, tuttavia, che anche queste indicazioni saranno solo delle stime statistiche e che la vera efficacia potrà essere verificata solo quando milioni di persone saranno vaccinate. Gli esperti, comunque, sono ottimisti.

Come sottolinea un editoriale su Nature, però, con questi dati non è possibile dire se il vaccino prevenga l’infezione da Sars-Cov-2 o prevenga solo l’insorgenza di forme gravi di Covid-19: sono stati presi in considerazione volontari sintomatici (e non ci sono informazioni sulla gravità delle manifestazioni, tra l’altro), non si sa se e quante siano state le infezioni asintomatiche. Se dovesse rivelarsi un vaccino capace solo di ridurre l’impatto della malattia sull’organismo non sarebbe in grado di bloccare la diffusione del virus, che continuerebbe a circolare ed eventualmente a mutare costringendoci a sviluppare via via nuovi vaccini per non ritrovarci periodicamente nella situazione in cui siamo oggi.

Un’altra informazione importante che ancora manca per il vaccino Pfizer (così come per gli altri in fase avanzata di sperimentazione) è quanto durerà l’immunità che conferisce.

Quando sarà disponibile al largo pubblico?

Pfizer chiederà all’Fda l’autorizzazione all’uso di emergenza non prima della prima settimana di gennaio. Tutta la documentazione, poi, dovrà esser valutata da esperti e il processo potrebbe richiedere anche settimane. Se tutto andasse liscio il vaccino potrebbe essere autorizzato entro gennaio.

A chi andranno le prime dosi ?

L’azienda ha fatto sapere di poter fornire entro fine anno 30-40 milioni di dosi di vaccino, sufficienti a immunizzare 15-20 milioni di persone negli Stati Uniti e Gran Breragna.

Per il momento non è stato stabilito chi riceverà le prime dosi. La priorità dovrebbe essere data alle categorie a rischio (per esempio gli operatori sanitari) e vulnerabili (anziani e persone con comorbilità).

Tuttavia al momento i dati della sperimentazione non consentono di dire se la protezione conferita dal vaccino nelle persone anziane sia sufficientemente robusta, mentre i test sulla popolazione minore di 18 anni sono iniziati più tardi e ci vorrà ancora del tempo per poterli valutare.