Al Maschio Angioino un carosello di capolavori
Domenica 25 luglio al via le celebrazioni per il centenario del grande tenore
A cent’anni dalla scomparsa di Enrico Caruso è giunto finalmente il tempo di fare pace con la città che gli dette i natali. E che non ne comprese immediatamente la grandezza. “Bentornato Don Enrico” è il primo appuntamento delle Celebrazioni per il centenario della scomparsa di Enrico Caruso organizzate dal Comitato nazionale presieduto da Franco Iacono e approvate dal ministero della Cultura.
Domenica 25 luglio alle ore 21,00 il concerto creato e firmato da Federico Vacalebre presenterà negli spazi del Maschio Angioino una serie di voci e di emozioni che restituiranno una lettura moderna dell’immagine canora del grande tenore, portando in scena il repertorio della canzone napoletana da lui frequentato, per lui scritto.
La serata è inserita nella programmazione della rassegna “Estate a Napoli” del Comune di Napoli che ospita l’evento all’interno di Castel Nuovo; l’ingresso è libero, nei limiti delle disposizioni Covid. Per partecipare, basta scrivere a: prenotazioni@centenariocaruso.it.
Caruso ha riscritto con la sua voce e la sua leggenda la melodia partenopea e le celebrazioni partiranno proprio da questo aspetto. Il recital ha un compito ambizioso, ricomporre la frattura tra il “tenorissimo”, così come veniva chiamato, e Napoli.
Scrive Vacalebre nelle note di scena: “A parte i fischi, veri o presunti, al San Carlo, la sua carriera trovò altrove, a New York, l’apice ed è giusto far partire questa festa in suo onore partendo dagli inizi della sua storia e della sua arte, quando faceva il posteggiatore, quando la sua voce iniziava a misurarsi con le amate canzoni napoletane. Prima di qualsiasi romanza, c’era, anche per lui, Cantanapoli. E Cantanapoli sarà in questo carosello di capolavori immortali, compresa quella ‘Core ‘ngrato’ che per lui fu scritta, in napoletano, a New York, da due emigrati, il calabrese Cordiferro e il partenopeo Cardillo, che la considerava ‘una porcheriola’”.
Il viaggio sonoro comincia con “Santa Lucia”, sigla- provocazione affidata all’unico tenore convocato, Bruno Venturini, e termina con “Core ‘ngrato”, interpretata da Enzo Gragnaniello “voce di dentro della Napoli di oggi, cantautore, posteggiatore abusivo, intellettuale di strada”; la serata-evento esibisce una serie di voci e personaggi: Claudia Megre’ (“Tarantella sincera”), Irene Scarpato (“Tiempo antico”), Carlo Missaglia (“Mamma mia che vo’ sape’”), M’Barka Ben Taleb (interprete di una versione in arabo di “’O sole mio”). E ancora, ad arricchire il cast Sara Tramma (“’A vucchella”, Filly Lupo (“Pecche’”), Mario Maglione (“Io m’arricordo ‘e Napule”) e Roberto Colella (“Caruso”, in omaggio anche a Lucio Dalla).
Gli arrangiamenti sono stati curati da Marcello Gentile e Gianmarco Libeccio dei Suonno d’Ajere, mentre a Noemi Gherrero tocca il ruolo della narratrice che imbastisce il racconto del Caruso di Cantanapoli.
“Lo spettacolo è l’omaggio di una nuova generazione di cantanti e cantantesse, decisi a mettere le mani con rispetto su un repertorio in parte celeberrimo e in parte dimenticato – continua Vacalebre -. Ci saranno “‘Torna a Surriento” e “Tu ca nun chiagne”, in scaletta, ma anche le – allora – nuove canzoni napoletane che Caruso lanciò e qualche volta scrisse persino, come “Tiempo antico”. Ci sarà la prima canzone verace che incise, nel 1909, “Mamma mia che vo’ sape'”, con versi di Ferdinando Russo e musica di Emanuele Nutile, sino all’ultima, “I m’arricordo ‘e Napule”, registrata nel 1920. Così il primo uomo a vendere oltre un milione di dischi, l’ex posteggiatore diventato la Voce, portò nelle case di tutto il mondo la canzone napoletana, antica e (allora) moderna. Cantanapoli sentitamente ringrazia, anche con questo spettacolo: bentornato a casa, e speriamo per sempre, don Enrico”.