Alberto Giovinazzo: rinascita e resilienza dietro le quinte di ‘HUMUS’

Alberto Giovinazzo trascina l’ascoltatore in un viaggio emotivo profondo con il suo ultimo album ‘HUMUS’. Attraverso melodie avvolgenti e testi di straordinaria intensità poetica, l’artista esplora i cicli della vita umana con una sensibilità commovente. Il titolo stesso evoca l’humus, simbolo di fertilità e rinascita, parallelo perfetto per il tema dell’album. Giovinazzo dipinge con maestria la fragilità dell’essere umano, colpito dalle contraddizioni della società moderna, ma anche la potente volontà di risorgere. Ogni traccia è un capitolo in cui i personaggi affrontano il fondo oscuro della loro esistenza, solo per emergere rinnovati e più forti. ‘HUMUS’ non è solo un album musicale, ma un manifesto della resilienza umana, celebrato con un equilibrio perfetto tra profondità emotiva e musicalità avvolgente.

Iniziamo conoscendoti meglio: come e quando è iniziata la tua passione per la musica?

è partito tutto da un piccolo concorso di paese al quale mia madre mi iscrisse all’età di 5 anni, è lì che mi avvicinai alla passione per la musica. Mi ricordo che il direttore artistico del festival mi mise davanti un enorme mangiacassette per farmi scegliere il brano che desideravo cantare, mi sembrava tutto così magico ed effettivamente la percezione per la musica resta sempre la stessa.

Parlaci di questo tuo disco. Come hai scelto i singoli brani che lo hanno composto?

I brani sono nati in maniera abbastanza naturale, da alcune macroaree tematiche che avevo prefissato per questo progetto musicale. Le storie che ho incontrato nel mio percorso di vita mi hanno influenzato parecchio nella creazione dei brani.

Quanto c’è di te in questi brani?

Più che di me parlerei di noi, perché in fondo credo che ognuno possa riconoscersi universalmente almeno in un brano del disco, anche in un solo sentimento di rabbia, tristezza, felicità presente in Humus.

Ci spieghi il perché del titolo dell’album?

L’Humus presente in natura è uno dei pochi elementi che riesce a sintetizzare due fasi totalizzanti della nostra esistenza: la vita e la morte. Sembrerebbe un concetto utopico e invece sfruttando gli organismi in stato di deterioramento l’humus è in grado di restituire nuova linfa all’ambiente. Questa trasformazione biologica presente sulla Terra accade in egual misura per l’evoluzione emotiva dei personaggi presenti all’interno del disco, i quali si alternano continuamente tra questi due antipodi vitali, da un lato annullandosi a causa dei problemi della nostra società e dall’altro cercando di risorgere dagli sbagli appresi dal passato.
L’Humus siamo tutti noi, con le storie che derivano da tutte le sfaccettature dell’animo umano. L’essere umano è l’unica specie che può toccare il fondo e rinascere dentro se stesso, rimanendo comunque in vita.

Se potessi collaborare con qualsiasi artista, vivo o del passato, chi sceglieresti e perché?

Se avessi il potere di far resuscitare i morti riporterei sicuramente su questa terra i maestri del teatro canzone Gaber e Jacques Brel perché è da loro che ho appreso l’arte comunicativa e il saper occupare lo spazio di un palco. I loro messaggi sono concetti universali indelebili al di là della nostra evoluzione umana. Se invece questo potere proprio non mi appartiene vorrei tornare sulla terra ma continuando a toccare il cielo con Stromae, a mio avviso uno degli artisti più rivoluzionari della nostra epoca, dalla sua genialità musicale alla raffinatezza dei suoi testi.

Quali sono i tuoi progetti futuri? Puoi darci qualche anticipazione?

Mi sto impegnando per cercare di diffondere il messaggio di Humus, ma stanno già nascendo nuove opportunità e idee da sviluppare per il futuro. Per il momento vi invito ai miei spettacoli estivi, perciò tenete d’occhio i miei social e… ci vediamo in piazza!