Lo Smart working, o lavoro agile per dirlo all’italiana, ha acquistato parecchia notorietà in questi ultimi mesi a seguito dell’emergenza coronavirus. Ma non nasce dal nulla, anzi, esiste già da tempo all’estero, soprattutto negli Usa, ed è stato regolamentato in Italia con una legge del 2017. Produce poi notevoli benefici: permette infatti di continuare a lavorare anche in condizioni straordinarie come quella che stiamo vivendo, produce un risparmio energetico ( una postazione in meno per ogni dipendente, quindi meno energia consumata), risparmio di denaro ( nessun abbonamento dei mezzi pubblici, meno benzina, meno parcheggi, meno pranzi fuori), migliora la vita personale e familiare.
Dal 4 maggio 2020 in Italia è iniziata la fase 2 e la maggior parte dei lavoratori è tornata in ufficio, ma non più come un tempo: siamo ancora nella fase di convivenza con il virus, e durerà per parecchi mesi. Si tende a prediligere quindi il distanziamento sociale per ridurre la diffusione del contagio: mai come ora lo smart working risulta la modalità più sicura per lavorare. Seppur in tanti hanno pensato, e da parecchio, che lavorare da casa significasse lavorare di meno, è necessario sfatare questo mito, non è affatto così. Anzi, per la maggioranza dei lavoratori è uno stimolo a poter lavorare di più e meglio. Di poche ore fa è poi la notizia rilasciata da Francesca Puglisi, sottosegretario al Lavoro, che lo smart working continuerà ad essere incentivato anche nei prossimi mesi, questo sia per il settore pubblico che per il privato. “Nel lockdown non abbiamo sperimentato smart working ma lavoro a distanza, che si è reso necessario per poter proseguire le attività, molte anche della pubblica amministrazione“, dice a CentoCittà su Radiouno. “Lo smart working nel decreto Rilancio è stato prorogato per il 50% del personale della pubblica amministrazione, per un graduale ritorno alla normalità e per la possibilità di riorganizzare gli uffici in termini di distanziamento sociale ancora necessario perché il virus non è stato debellato. Pensiamo di inserire una norma di proroga anche per il lavoro privato nel prossimo decreto che faremo per il prosieguo degli ammortizzatori sociali“, aggiunge. “Lo smart working è qualcosa di diverso rispetto al lavoro a distanza, significa ripensare il rapporto con il datore di lavoro, significa una diversa premialità, una nuova valutazione della produttività delle persone. Lo smart working è utile se aumenta la produttività, c’è ancora molta strada da fare per innovare l’organizzazione del lavoro“, afferma ancora. “I diritti da difendere sono i diritti delle donne che non vanno relegate al telelavoro da casa, credo sia utile la contrattazione aziendale per definire e concordare con l’impresa tempi e modalità dello smart working. Altra cosa importante è il diritto alla disconnessione, definire i tempi di vita e di lavoro che non possono essere mischiati in un tutt’uno indissolubile“, afferma
Lo smart working non è però una traduzione del telelavoro inglese: per lo smart working non sono previsti vincoli di orario e di spazio, l’organizzazione del lavoro viene calcolata per fasi ed obiettivi, ed è stabilita con un accordo tra azienda e dipendente. Altro punto fondamentale che fa parte dell’accordo tra le parti per lo smart working è l’utilizzo di strumenti adatti a svolgere parte del lavoro anche fuori dalla sede ordinaria come pc, tablet, smartphone e software; nel telelavoro il lavoratore in realtà ha una postazione fissa, che però non è nell’ufficio dell’azienda per la quale lavora e, a differenza di quanto accade per lo smart working, gli orari sono più rigidi.
Ma dopo il coronavirus, possiamo immaginare un lavoro agile accessibile per tutti i lavoratori? In un futuro non troppo lontano potrebbe essere una forma di organizzazione aziendale molto diffusa.
C’è da dire però che lo smart working ha anche i suoi aspetti negativi, primo tra tutti la perdita dell’aspetto sociale del lavoro, del parlare, anche discutere con il proprio capo o con i colleghi, si perde molto in termini di confronto fisico con gli altri. In più c’è da dire che lavorare fuori ufficio, e quindi a casa, può avere anche come conseguenza quella di non riuscire a distinguere la vita privata da quella lavorativa, causando così vere e proprie distrazioni durante le ore di lavoro.I dibattiti sui pro e i contro dello smart working continueranno ad interessare tutti noi, ma, come in tutte le grandi crisi della storia, che siano esse di natura sociale, economica o sanitarie, c’è sempre qualcosa che cambia inevitabilmente la vita quotidiana dei popoli che si trovano ad affrontarle. Il cambiamento è progresso per noi stessi e per la società.