Mario Artiaco e il suo Cammino di Santiago in bici. Un’avventura incredibile, un nuovo libro.

Il cammino di Santiago è senza ombra di dubbio una delle rotte di pellegrinaggio più amate per chi intende effettuare un viaggio alla ricerca della spiritualità, indipendentemente dal credo religioso. Diversi sono i punti di partenza e diverse sono le strade che portano a Compostela dove sono custodite le reliquie di San Giacomo, migliaia sono i pellegrini che viaggiano a piedi, ma pochi sono quelli che lo affrontano in bicicletta. Mario Artiaco, scrittore napoletano, è uno di questi che, nell’agosto del 2022 ha compiuto la sua “impresa” personale e due anni dopo l’esperienza che ha cambiato la sua vita, pubblica “21 storie del mio cammino di Santiago”. Dalla preparazione logistica di tutte le tappe e delle difficoltà, all’arrivo a Compostela, Mario racconta degli incontri che ha fatto durante questo incredibile viaggio, ma soprattutto racconta il motivo che lo ha spinto da solo, per strade impervie, affrontando anche numerosi pericoli, a sfidare le sue paure e abbracciare i suoi dolori. Il filo conduttore di tutta la storia è quello di lasciar andare i tre amori della sua vita che hanno abbandonato questo piano terreno: il suo papà Vincenzo, la sua mamma Maria Francesca e il più grande amore della sua vita, Diego Armando Maradona. Mario Artiaco ha dedicato loro questo viaggio avventuroso e questo meraviglioso libro che è un racconto pregno di poesia, di ironia, ora malinconico, ora divertente, costellato da insegnamenti profondi che parlano direttamente all’anima, ma infarcito anche di tantissimi dettagli tecnici che lasciano tutti gli appassionati di ciclismo davvero appagati per lo spazio dedicato al mondo delle due ruote. Un diario di bordo in cui ogni storia porta un insegnamento, ma anche e perché no, “21 storie del mio cammino di Santiago” puo’ essere anche una sorta di “manuale senza pretese”, in cui trovare informazioni preziose su come approntare il famoso cammino, ovviamente in sella alle due ruote.

Il libro sarà presentato giovedì 26 settembre alle ore 18 presso Bicycle House, il bike cafe’ nel cuore della Galleria Principe di Napoli, un luogo dove si respira davvero l’anima di chi ha fatto della bicicletta una vera e propria filosofia di vita. Insieme all’autore interverrà il giornalista Salvatore Biazzo. L’ingresso è libero.

 

Intervista all’autore

Il cammino di Santiago in bicicletta, un piccolo controsenso poiché il cammino, come dice la parola stessa, indica l’atto del procedere a piedi. Mario, sei andato oltre la parola, che spesso è fallace e ti sei totalmente immerso invece nel significato più profondo di “cammino”, inteso come arricchimento per l’anima, alla scoperta di sé stessi e di tutto ciò che si incontra durante il viaggio. Ma il tuo cammino è particolare perché è stato fatto in bicicletta. Quanto e come ti sei documentato per arrivare preparato a questa avventura?

La bici è la mia protesi, un pezzo di me, da sempre, da quando ero bambino. Il mio cammino poteva essere solo con lei che si è sostituita alle mie gambe e che mi ha donato l’opportunità di essere, per la maggior parte del tempo, solo. 

Cercavo l’isolamento che era la condizione fondamentale per fare il deserto, solo se mi fossi svuotato di tutto il resto, per me effimero in quei giorni, avrei potuto creare il giusto spazio per poter sentire e accogliere le anime di chi mi aveva preceduto e con le quali volevo trascorrere ancora un po’ di tempo, prima di lasciarle andare. 

Un lungo addio elaborato nella sofferenza di un terreno non sempre accogliente, anzi, ma dovevo piangere le ultime lacrime, perdonare ma soprattutto perdonarmi.

Avevo cercato razionalmente di organizzare il tutto, per me che sono un etereo eterno scombinato, un disconnesso e incapace di utilizzare le regole basilari della praticità. 

Poi è arrivato in maniera rocambolesca il giorno della partenza, sentivo di non essere pronto e di non potercela fare. Ho ricordato di metterci il cuore e tutto l’amore che ero in grado di contemplare. Questi due ultimi ingredienti mi hanno consentito di riuscire lì dove tutto era perso, quando non avevo più energie fisiche e lucidità mentale. 

Quale parte del “cammino” hai scelto e perché? Hai intenzione di ripetere l’esperienza in futuro, ed eventualmente, sceglierai un percorso diverso? Sempre in bici? 

La scelta è stata “obbligata,  ma comunque felice. Il volo diretto su Madrid mi ha semplificato tutto e ho preso la bici a Burgos, poi seicento km in otto tappe. 

Vorrei ripartire a breve, ma non per il cammino di Santiago, non subito almeno. La priorità è prossima ed è giungere in treno con la bici a Berlino e da lì procedere prima per Copenaghen e poi per andare a vedere l’aurora boreale. Le mie gambe saranno sempre la bici e sarà un tempo nuovo per sperimentare altra solitudine, poter raccogliere le forze e trovare dentro me tutto ciò di cui necessito per evolvermi e continuare il mio percorso verso la trascendenza.

21 storie che fanno breccia nel cuore di chi legge. Alcune più leggere, altre davvero quasi insopportabili, tale è il dolore che raccontano. Come sempre riesci a portare il lettore sulla tua altalena di emozioni. Fai sorridere e piangere, soprattutto riflettere. 21 storie incredibili ma, se volgi lo sguardo al tuo cammino, qual è il momento a cui ripensi più spesso? E già sappiamo che non può essere la meta.

Tre momenti in particolare, ma mi sembra fare un torto a tutti gli altri, a tante altre storie che comunque meritano rispetto e che mi hanno cambiato la vita. 

Il primo momento è stato di certo quando, durante la prima tappa, mi sono perso e mi sono totalmente disidratato.

Il secondo momento è stato quando ho affrontato il Cebreiro che, a detta di chi si era lasciato alle spalle i Pirenei qualche giorno prima, era addirittura più impegnativo.

Il terzo momento è quando, finalmente rilassato e felice, all’aeroporto di Santiago, ho potuto salutare per sempre la terza grande anima per cui ero partito: Diego Armando Maradona, il più grande amore della mia vita. 

Ho incontrato un argentino, abbiamo parlato a lungo di cosa fosse per il popolo napoletano “D10S” e in un abbraccio commosso e strettissimo abbiamo pianto tante lacrime assiemeMa il mio cammino è stato anche Pablo e Andrés, Gaetana e Manuel, Joshua e Nathan, Sergio, Blanca e Hector, per non parlare di Dolores e della sua famiglia e dell’indimenticabile piccolo Romeo. Tutte storie e anime che porterò con me in eterno.

Ci sono stati momenti difficili in cui hai pensato di mollare tutto? Se sì, quali e come li hai superati? I tre grandi amori della tua vita a cui hai dedicato il libro e che ti accompagnano ancora, ma da una dimensione diversa da questa tangibile, sono stati la tua forza interiore per compiere fino in fondo questo incredibile viaggio? Li hai trovati e ritrovati nel tuo “cammino”?

I momenti più difficili sono proprio quelli di cui parlavo, ovvero quelli che non potrò mai dimenticare e che mi ritornano spesso in mente: all’inizio del cammino mi sono perso e di conseguenza disidratato. È come se il cammino, la vita, il creato, mi avessero voluto comunicare non sarebbe stata una passeggiata, che me la sarei dovuto sudare e che mi aspettava uno sforzo sovrumano, non solo sotto l’aspetto fisico ma anche psicologico. Però avevo necessità di sentirmi completamente smarrito per poi provare quella sensazione unica di ritrovare la via e poter ripartire. Un altro momento davvero complicato è stato affrontare il Cebreiro, il punto più ostico del percorso. In quei tornanti ho salutato i miei genitori per l’ultima volta. L’ho risalito ed ho scollinato con un piede infortunato, vittima di una storta presa proprio alla partenza. Tutti mi avevano parlato di quel monte ma nulla mi aveva fatto comprendere fino in fondo quanto realmente fosse impegnativo e devastante. In quella tappa mi sono spinto molto oltre il limite e lì ho capito che i confini che disegniamo nella nostra testa non aspettano altro che essere demoliti.

MANUELA RAGUCCI