Comicom Napoli – La grande eredità di Hugo Pratt

A cura di Maresa Galli

Un grande incontro tra maestri del fumetto ha fatto il punto sulla grande eredità di Hugo Pratt e della scuola italiana dei Micheluzzi, Toppi, Battaglia o Giardino e sul presente e il futuro del fumetto storico e di avventura. Relatori Igort, Milo Manara e lo scrittore Marco Steiner, amico e collaboratore di Pratt, moderati dal giornalista Luca Valtorta. Manara ricorda di essere l’unico “disegnatore vivente o estinto che abbia avuto l’onore di disegnare due sceneggiature per Pratt, una leggenda vivente. All’epoca in cui ho iniziato io la parola avventura era quasi una brutta parola”, spiega Manara.

Quando lui iniziò si parlava di letteratura impegnata, di fumetto impegnato, di cinema impegnato o d’evasione – “una vera e propria condanna”. Era scomparsa dal panorama italiano e internazionale la parola avventura, considerata una fuga dalla realtà. Pratt non ha mai nutrito simpatia per i fumetti politici, anzi, li detestava. Per lui c’era molta più politica nell’avventura, in senso dantesco. La nostra letteratura nasce proprio dall’avventura: l’Odissea, le nostre radici, i viaggi di Ulisse, collocato da Dante all’Inferno. “Considerate la vostra semenza, fatti non foste a viver come bruti…” Così Ulisse convinse i marinai a seguirlo. Questo è il destino umano. “Pratt mi ha contagiato. Anche io ero incamminato verso un fumetto politico, d’avanguardia. Nel primo racconto che ho fatto io Pratt è visto come Virgilio”. Pratt non solo racconta ma ha vissuto l’avventura. Partito giovanissimo per l’Argentina, suonava la chitarra sui treni che andavano dall’Argentina al Cile, uno dei tanti modi in cui si divertiva e viveva intensamente l’avventura umana. Igort, magister di Comicon 2024, racconta che quando nel 2000 fondò la Coconino Press c’erano lettori cresciuti con le riviste d’autore, Linus, Alterlinus, Frigidaire e tutta la genia di Corto Maltese. Gli sembrò che rimanessero orfani del loro immaginario perché c’era l’esplosione del fumetto revisionista americano e i manga ma non c’era più un punto di riferimento solido. Si stava evolvendo la graphic novel. “Anche noi che eravamo l’avanguardia, quando vedemmo “L’uomo del grande nord” ricevemmo una cannonata! Uno stile pazzesco, i silenzi… quell’inizio è stato una rifondazione del fumetto moderno”. Le sue riviste sono un deposito di segni che porta sortilegi, magie, con un contesto. Abbiamo un’eredità importante perché abbiamo avuto la magnificenza, L’Italia non è seconda a nessuno. Pratt, ad Igort diciannovenne, spiegò che al lettore si deve solo portare la storia, il resto non gli interessa. “L’avventura è morta? Io non credo – afferma Igort – noi cerchiamo un racconto sul mondo, non la realtà oggettiva”. Per fare il fumetto bisogna però impegnarsi, studiare. Attualmente il disegnatore sta scrivendo una storia ambientata nel ’39 ad Hong Kong, documentandosi e studiando la storia della Cina, delle Triadi. “La mia storia è dedicata al suo lascito, al suo modo di scrivere le storie – afferma – era un dialoghista pazzesco, teneva lo swing dell’interesse del lettore come nessuno. I giovani autori, il fumetto d’avanguardia, vogliono misurarsi con questo?” Pratt parlava delle guerre che avevano colonizzato l’immaginario della sua generazione, la Prima e la Seconda Guerra Mondiale. È lo sguardo che hai sul mondo che fa la complessità del tuo lavoro e il tuo rapporto con i lettori. Corto Maltese con la giubba, la forma, lo sguardo (era Pratt stesso con quegli occhi azzurri) è una grande icona del fumetto contemporaneo. Manara sottolinea come l’avventura richieda coraggio, libertà interiore. Pratt era intransigente sulla propria libertà. “La nostra società è nemica giurata dell’avventura che ci offre “avventure” artificiali nei villaggi vacanze in Kenya. Ognuno è chiamato ad occupare il proprio posto, a produrre, a viver come bruti”, conclude. E Igort, affascinato dallo sciamanesimo dal punto di vista narrativo, sottolinea come Pratt si sia posto non come un grande narratore classico ma come uno stregone. “Si veste da gaucho in Argentina! È Castaneda, è un mago, è Andy Warhol prima di Andy Warhol! È come Hemingway che si fa fotografare in veste di boxeur o alla corsa dei tori… I suoi acquerelli! Non temeva mica Schiele! Gli ho rubato la sfrontatezza. Per me è un grande drago del fumetto moderno che è partito dai suoi amori, i grandi fumetti degli autori americani e ha inventato il fumetto moderno europeo”.
Maresa Galli