“Satana” è il nuovo singolo dei Liv Charcot, già disponibile in radio e su tutte le piattaforme di streaming, così come il video per la regia di Emilia Trevisani interamente realizzato grazie alla ricostruzione di immagini in 3D, animate in un ambiente virtuale generativo.
Conosciamo meglio la band toscana! Ecco cosa ci hanno raccontato:
Iniziamo conoscendovi meglio, quando è iniziata l’avventura dei Liv Charcot?
In realtà l’avventura dei Liv Charcot parte prima dei Liv Charcot. Nel senso che il progetto Liv Charcot nasce da un progetto precedente: gli “Indovena”, in cui eravamo già presenti entrambi (Lorenzo e Tommaso) ma avevamo anche un batterista con noi, bravissimo, che nominiamo e salutiamo molto volentieri: Giovanni Lombardi. Con gli Indovena abbiamo letteralmente girato tutta Italia con centinaia di concerti, in locali piccoli e grandi, vinto concorsi (tra cui Rock Targato Italia) e girato videoclip come quello di “Panico” che andò in onda su All Music. Ricordo ancora un amico che un giorno mi fermò e mi disse “ho visto il vostro video dopo quello di Beyoncé, siete famosi!”, credeva veramente che fossimo istantaneamente diventati ricchissimi. Si parla degli anni ’10, eravamo più ragazzi e come noi anche la musica era più “impulsiva”, distorta, punk. Al trio si aggiunse poi anche Giulio Fagiolini alle tastiere ed essendo passati a uno stile più ‘pop’ e arrangiato decidemmo di cambiare nome al gruppo. Devo dire che da qualche anno, quando abbiamo ripreso a fare musica, avvalendoci anche di altri musicisti, e rimanendo comunque come spina dorsale io e Tommaso, nelle nuove canzoni si risente un po’ del nostro vecchio sound, degli “Indovena”, una cosa che mi fa sorridere ora che ci penso.
Da quale sound è caratterizzato il vostro progetto?
Giuro che non saprei davvero cosa rispondere, nel senso che abbiamo trovato naturalmente il nostro sound suonando insieme da tanto tempo, è quello che ci rappresenta ma non saprei descriverlo. Siamo partiti da un power trio rock ma in realtà abbiam suonato sempre di tutto, perfino ska agli esordi. Alla fine, una batteria, una chitarra elettrica e un basso possono fare qualsiasi cosa. Noi ci abbiamo fatto a volte musica più leggera, mentre in altri pezzi abbiamo usato un sound più distorto, tagliente. Stavolta, in “Satana” ad esempio, ma anche in altre canzoni che usciranno, abbiamo utilizzato anche diversi sintetizzatori, il pianoforte, e batterie elettroniche. Direi che è musica indipendente, alla fine facciamo quello che vogliamo e suoniamo quello che ci pare, quindi sì, piuttosto indipendente.
Perché avete scelto come nome Liv Charcot?
Deriva da un episodio che riguarda il primo video del primo singolo che abbiamo registrato come Liv Charcot: “Cosmonauti perduti”, si trova ancora facilmente in rete. Se vedete questo video potete capire, eravamo a girare in un posto allucinante, il manicomio abbandonato di Volterra. Avevamo già deciso di cambiare nome al gruppo ma non avevamo idea di come chiamarci, ci venivano a mente solo nomi stupidi che preferisco non riportare. A un certo punto ci siamo accorti di avere delle scritte imponenti sopra di noi, era dei residui di grandi lettere in altorilievo che segnavano il nome dei padiglioni. In una scritta erano rimaste solo le lettere LIV, in un’altra la parola CHARCOT. Ci piaceva come suonavano insieme e le abbiamo fatte nostre! Piccola curiosità, se vedete il video di “Cosmonauti perduti” noterete due fotogrammi in cui si vedono proprio queste due scritte.
Parallelamente alla musica svolgete altri lavori? Si può in Italia vivere solo di musica?
Vivere di solo musica in Italia? Magari sì, ma che musica devi fare? Non lo so, io conosco un sacco di musicisti validissimi e tutti loro, o hanno anche un altro lavoro, o non se la passano benissimo. Credo che un po’ per colpa della richiesta, un po’ perché in generale non esiste più un mercato reale della musica, al giorno d’oggi tu ti debba vendere davvero molto per campare solo di quello. Noi non l’abbiamo mai fatto, entrambi lavoriamo, io nella ricerca, Tommaso all’aeroporto di Pisa, e ti dirò, a me non dispiace per niente il mio lavoro, non ho intenzione di rinunciare alla musica così come non ho intenzione di rinunciare al mio lavoro, sono entrambe cose che mi appassionano profondamente.
Qual è il significato del vostro nuovo singolo “Satana”?
“Satana” rappresenta il mostro del male, non è un diavoletto con le corna, è qualcosa che tutti ci portiamo dentro. A volte pensiamo di averlo sepolto, sconfitto, che sia scomparso, superato. Invece in qualunque momento può capitare che sbuchi di nuovo fuori, e scopriamo che era in esilio ma non era morto, e non muore mai. Quando si ripresenta è in grado di attrarci e risucchiare tutti i nostri pensieri facendoci piombare in un piccolissimo buio. Questa è la sensazione che la musica e il testo di “Satana” provano a descrivere e condividere con l’ascoltatore.
Quali sensazioni pensate possa regalare questo brano a chi lo ascolta?
Quella che abbiamo provato a descrivere precedentemente. La speranza è che questa come per noi possa essere anche una terapia benefica per chi ascolta. Con me ad esempio funziona, quando scrivo di una brutta sensazione diventa qualcosa di esterno che posso osservare e quindi comprendere meglio, e questo credo sia già parte importante di un processo risolutivo. Poi ovviamente, è solo un nuovo esilio.
Parlateci un po’ del video, di chi è stata l’idea e da chi è stato girato?
Nel video volevamo ricreare l’atmosfera della canzone, e dato che è un’atmosfera complessa e non sapevamo descriverla con tecniche che conoscevamo, ne abbiamo cercata una che non conoscevamo. Ci siamo rivolti ad Emilia (Emilia Trevisani, regista e creatrice del video), che ha creato con l’ausilio dell’AI un ambiente vuoto, buio, pieno di rarefatti dettagli che posso prendere vita con la musica, espandendosi, sciogliendosi. Le cose normali, in questo modo, possono diventare cose assurde, che vivono al di fuori di qualsiasi dimensione conosciuta. Idee distorte che si contorcono, non oggetti. Noi non sapevamo come farlo, lei sì!
I tuoi progetti futuri? Qualche anticipazione?
Sicuramente usciranno altre canzoni. Quando ne saranno uscite a sufficienza da mettere in piedi un concerto non sarebbe male organizzare una presentazione del disco. Ho detto disco? Quale disco? Beh, vedremo. Non parlate con me non sono bravo a fare progetti futuri.