In questa intervista la scrittrice Maggie S. Lorelli ci racconta il suo ultimo romanzo “The Human Show” edito da Castelvecchi, disponibile in libreria e negli store digitali.
Ciao Maggie, benvenuta. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro, “The Human Show”, cosa diresti?
Si tratta di un’allegoria sociale. Descrivo un mondo in cui le persone always on, costantemente connesse a una rete che si esplica nel metaverso, sono incoraggiate a migrare su Nexus, ovvero in una dimensione artificiale, disumanizzante in cui trasmettono costantemente esperienze sensoriali a beneficio della massa di persone che abitano nel Cerchio, città imbarbarite, terre di nessuno. Entrambe le categorie di persone sono in realtà manipolate da entità superiori, facilmente identificabili nei magnati della tecnologia che creano mondi effimeri, estremamente narcisistici, in cui ci si cala per dimenticare la propria quotidianità.
Da quale idea nasce la copertina del libro?
Alla base del progetto grafico della copertina c’è una fotografia dell’artista Aaron Gonzales che mi ha particolarmente affascinato. Evoca persone intrappolate al di là di un velo che sembrano suggerire l’idea di volersi liberare. È una metafora dell’intrappolamento nelle maglie della rete dalle quali è difficile liberarsi, anche perché esercitano su di noi una forte malia. E lo fanno attraverso uno strumento coercitivo quanto inconsistente: lo psicopotere del consenso.
Che atmosfera si respira in questo romanzo?
Atmosfere cupe, alla Blade Runner. Sia nel Cerchio, la città abbandonata a sé stessa, in cui non si coltiva più e non si esercitano più attività produttive, e soprattutto in cui si sono estinte le attività artistiche, sia su Nexus, dove vengono prodotte immagini e esperienze fascinatorie e false realtà, si percepisce una certa disumanizzazione, che consiste nella rinuncia, volontaria o imposta, alle emozioni. Un essere umano, pur nel migliore dei mondi, che non abbia la possibilità di esprimere liberamente le proprie emozioni, non è che un morto che cammina.
Un progetto a cui vorresti dar vita, prima o poi…
Mi piacerebbe dar vita a dei reading dove racconto in prima persona le mie storie con accompagnamento musicale. La particolarità starebbe nel fatto che potrei comporre io le musiche e le storie, e raccontarle anche, magari in piccoli spazi teatrali. Ho l’esigenza cioè di abbeverarmi un po’ della magia che si crea in uno spazio teatrale a contatto fisico, diretto con chi ascolta. Vorrei creare una sorta di one woman show.
Dove ti porterà il tuo amore per la carta e la penna? Su cosa stai lavorando?
Per il momento il mio amore per la penna mi porta ad avere contatti coi lettori attraverso le presentazioni, e constato che il mio libro suscita sempre un acceso dibattito, smuove le coscienze e induce le persone ad intervenire, a dire la loro, a indignarsi, a ribattere ad altri che la pensano in maniera diversa. Questo è il mio obiettivo: instillare il dialogo, il confronto e la riflessione. Al momento lavoro, come sempre peraltro, su più fronti: ho un progetto musicale dedicato alle compositrici nella Storia della musica che richiede ancora qualche mese di preparazione, e ho in mente altri libri, su svariati argomenti che non è ancora il momento di svelare.
Prossimi impegni?
Sarò impegnata ancora per un bel po’ con la promozione di “The human show”, visto che ho grande piacere di portarlo in giro per l’Italia e, più avanti, anche oltre. Parallelamente cerco di programmare i progetti suddetti, che richiedono tempi lunghi di studio e di preparazione. I miei impegni quindi sono fondamentalmente di studio, e sono quotidiani.