A Castrovillari, Calabria, 5 “ragazzi” (3 maggiorenni e 2 minorenni) sono entrati nell’abitazione di un disabile con problemi di natura psichica, gli hanno tirato dei gavettoni in faccia, irridendolo, per poi dare fuoco alla sua casa.
L’uomo, 60 anni, è vivo per miracolo. E ora ha perso la casa. L’ha persa tra le risate di individui che, per “gioco”, lo perseguitano da tempo, senza che lui abbia fatto nulla loro.
Senza mezzi termini: io voglio vivere in un Paese che per questo genere di cose prevede pene draconiane. Di quelle che ti fanno passare la voglia, ma te la fanno passare per davvero. Perché se c’è una cosa schifosa, davvero schifosa, è prendersela con le persone più deboli, più fragili, che non sono in grado di difendersi. Per giunta – vigliacchi – in branco, in 5. Perché le pa**e di andare da soli questi individui non ce le hanno.
E non mi si venga a dire che è questione sociale: il ladro che ruba per fame sbaglia, va condannato, ma ha fame. Il verme che entra in casa di un disabile e gli dà fuoco per ridere non ha giustificazione alcuna. E, sia pur in ambito di una riabilitazione carceraria, la commiserazione per la giovane età non deve esserci. Nemmeno per sbaglio.
Perché proteggere le persone fragili, chiunque esse siano (chiunque!) è ciò che ci distingue dal resto del mondo animale. È quanto ci fa sperare, credere, lottare in qualunque cosa possa andare oltre il materialismo più spinto. È quindi il primo, e più importante, metro del progresso umano di una società. E farlo non è doveroso: è il primo, e ineluttabile, obbligo morale di uno Stato.