Marco Gottardi (poeta, scrittore, giornalista e critico letterario, attualmente caporedattore presso Edizioni Chartesia di Treviso) nasce a Montebelluna (TV), il 12 ottobre 1978. Abbiamo intervistato lo scrittore, in libreria con il nuovo romanzo “Le Negazioni”, pubblicato da Emersioni.
Ciao Marco, benvenuto. Dovendo riassumere in poche righe il senso del tuo libro, “Le negazioni”, cosa diresti?
“Le negazioni”: un romanzo sull’abbandono e sulla possibilità di porvi rimedio. Può bastare. Ma se vogliamo specificare meglio direi che è la storia di un uomo che lentamente si riappropria di un tempo smarrito, sospeso, i cui fili invisibili, per quanto sottili, possono ancora intrecciare presente e futuro, nonostante il tempo abbia cambiato molte cose. Ma nulla, se non la morte, è irrevocabile. “Le negazioni”, allora, raccontano anche questo: la redenzione di un uomo che a poco a poco riconosce le proprie colpe e se ne libera, ritrovando vecchi affetti e scoprendo nuovi legami, imparando in fondo a riconoscere sé stesso.
Da quale idea nasce la copertina del libro?
È volutamente ambigua: quell’uomo se ne sta andando o sta tornando? Dove è diretto? Non è chiaro e ognuno è libero di fare mille congetture e crearsi una propria idea. Questo mi piace. Ma l’immagine riflette anche il cammino del protagonista, che abbandona il padre e la casa dove ha vissuto per ventiquattro anni e poi vi fa ritorno, senza trascurare l’altro cammino, quello interiore, dalla colpa alla redenzione, più importante di quello fisico e decisivo per l’ingranaggio della storia.
Che atmosfera si respira in questo romanzo?
Un’atmosfera intimistica, certamente. L’utilizzo della prima persona e il tempo presente della narrazione mi hanno permesso di avere una voce particolarmente calda, quasi sensuale, oserei dire, e soprattutto di essere molto vicino al lettore che, proprio in ragione di una narrazione dal tono diaristico, viene trascinato nella storia e facilitato nell’immedesimazione con il protagonista. Lo stile per me è molto importante, è un aspetto che curo con grande attenzione, e in questo romanzo è proprio lo stile a fare la differenza, a dare quell’intonazione intima e coinvolgente.
Un progetto a cui vorresti dar vita, prima o poi…
A parte costruire una macchina del tempo per incontrare i miei scrittori preferiti che ormai sono tutti defunti, mi piacerebbe poter creare un sodalizio di scrittori che abbiano una stessa visione della letteratura e che, uniti, riescano a far risuonare forte una nuova idea di narrativa, come accadeva un po’ per le correnti letterarie del Novecento e non solo: oggi si studiano sui libri di scuola e chissà, se l’unione fa la forza e le idee sono valide, forse con una nuova corrente letteraria si potrebbe lasciare nella storia un segno duraturo.
Dove ti porterà il tuo amore per la carta e la penna? Su cosa stai lavorando?
Spesso mi porta in osteria dove, davanti a un bicchiere di vino, riempio il mio quadernetto con i primordi e le acrobazie di quello che diventerà poi una storia. Ma poi ogni volta è un approdo diverso, parlando di storia e di letteratura: ho scritto tre romanzi e sto scrivendo il quarto e non ce n’è uno simile all’altro, né per storia né per stile. Ogni volta che ne finisco uno, mi guardo indietro e mi sembra impossibile di aver scritto tutta quella roba, tanto che se dovessi rifarlo non ne sarei in grado. Poi mi volto e guardo avanti, e lì fuori, da qualche parte, forse in osteria, c’è un’altra storia che mi aspetta…
Prossimi impegni?
L’appuntamento più vicino con “Le negazioni” è a Bergamo Alta il 18 luglio alle 17:45 sulla terrazza del ristorante Da Mimmo per la rassegna “La collana di perle e il suo fermaglio” organizzata dalla libreria Ubik, ad agosto sarò nelle Marche, a San Benedetto del Tronto, poi a settembre proseguo il tour in Veneto (ci sono già due date definite e altro da programmare per l’inverno).