Nuova famiglia, in un libro i segreti dell’ex boss Luigi Giuliano
Il volume, scritto insieme al giornalista Simone Di Meo, in vendita su Amazon. Il racconto: dalla «Fenice» fascista al tentativo di furto del tesoro di San Gennaro
La camorra napoletana come non l’avete mai conosciuta. I più reconditi segreti raccontati direttamente dall’ex boss, oggi collaboratore di giustizia, Luigi Giuliano contenuti nei sei volumi della collana intitolata «Nuova famiglia – la vera storia: Combattere o morire». Sei libri scritti insieme al giornalista e direttore del nostro giornale Simone Di Meo ed editi da Stylo24 Edizioni.
Il pentito ricostruisce le guerre di camorra, il contrabbando di sigarette, gli affari illeciti, gli intrecci con la politica e le organizzazioni criminali internazionali e le origini del cartello tra clan nato per contrapporsi alla Nco. Ma non solo, tantissimi altri episodi che hanno scandito la vita della malavita organizzata all’ombra del Vesuvionull
Il primo volume, in vendita esclusiva su Amazon (https://www.amazon.it/Nuova-Famiglia-storia-Luigi-Giuliano/dp/B09XRKYMBQ/), narra proprio delle vicissitudini dell’ex boss di Forcella in uno dei conflitti più cruenti della storia della camorra campana che all’inizio degli anni ‘80 trasformò le strade in un campo di battaglia con migliaia di morti.
Luigi Giuliano: dalla Fratellanza napoletana alla Nuova famiglia
Ma la nascita della «Nuova famiglia» fu preceduta dalla cosiddetta «Fratellanza napoletana» considerata il suo nucleo primigenio, nel periodo 1978-1979. «Sono stato il capo – racconta Lovigino – e il promotore della Fratellanza napoletana, poi capo della famiglia Giuliano e uno dei capi della Nuova famiglia. La Fratellanza era composta da me, dai Vollaro, dai Licciardi, i Mallardo, Giovanni Paesano, Antonio Giaccio detto scialò, Paolo Di Lauro, Aniello La Monica, Giuseppe Avagliano, i Lo Russo, Nunzio Bocchetti, Giacomo Cavalcanti ed altri».
La necessità di quest’alleanza, racconta l’ex boss, era quella di «opporsi all’arroganza di Raffaele Cutolo, anche perché molti di noi erano stati condannati a morte da Cutolo e dalla Nco. E dall’altro lato, c’era la necessità di contrastare la mafia, quando parlo di mafia mi riferisco in particolare a Michele Zaza, referente di Cosa nostra siciliana a Napoli». Solo in seguito questa confluì nella Nuova Famiglia dopo un accordo con Zaza, i Nuvoletta e i siciliani per creare un’unica formazione criminale che agisse contro Cutolo.
Luigi Giuliano, Giuseppe Misso e il tesoro di San Gennaro
Particolarmente curioso il racconto di quando il boss dei boss decise, insieme a Peppe Misso, alias «‘o nasone», di tentare il colpo «gobbo»: rubare il tesoro di San Gennaro. Proprio come nel film di Dino Risi «Operazione San Gennaro». «Un giorno – si legge in un servizio de ‘il Mattino’ sul libro del boss dagli occhi di ghiaccio e di Di Meo – Misso ci convocò e ci disse di voler trafugare il tesoro di San Gennaro, nessuno di noi pensò che stesse scherzando. Secondo Misso, e anche secondo me, perché poi partecipai pure io ai sopralluoghi e all’analisi del colpo, l’impresa era tutt’altro che difficile. E temo che le condizioni non siano cambiate: il tesoro di San Gennaro è ancora in pericolo». Il piano era semplice: entrare tramite le fogne da piazza Cardinale Sisto Riario Sforza.
«Studiando le carte – afferma il pentito Luigi Giuliano – ci accorgemmo che, dalle cantine di quel palazzetto, scendendo giù nei cunicoli fognari, si poteva arrivare praticamente in linea retta alla Cappella. Il rischio era praticamente inesistente». Nel frattempo però, durante la pianificazione del colpo, la banda di Luigi Giuliano e Giuseppe Misso venne assoldata per rubare dei documenti di vitale importanza dalla Banca Antoniana di Padova direttamente da Pippo Calò ma i componenti del gruppo guidato dal collaboratore di giustizia non riuscirono a portare a termine il furto per un errore di calcolo e furono arrestati. Solo il re di Forcella riuscì a sfuggire alle manette corrompendo un medico dell’ospedale Cardarelli che fece risultare nei registri del nosocomio che la sera del colpo alla banca fosse lì per una visita.
Il ripensamento del re di Forcella, oggi pentito
Qualche tempo dopo, tornati in libertà tutti i componenti, Misso convocò una riunione per riparlare del colpo al tesoro di San Gennaro ma Luigi Giuliano ci ripensò: «Un amico forse un po’ troppo superstizioso mi fece accapponare la pelle con una battuta. Disse che era stato San Gennaro a far saltare il raid al Banco Antoniano per punirci. Quando fu il mio turno, senza troppi giri di parole, espressi il rifiuto a realizzare il colpo». Perché, afferma, «saremmo diventati i ladri più famosi della storia, ma avremmo vissuto nella ricchezza in una città che ci avrebbe odiato. Perché il tesoro di San Gennaro non appartiene alla Curia né al Vaticano. È l’unico tesoro al mondo che appartiene a un popolo, il popolo napoletano».
L’inizio del collaboratore di giustizia Luigi Giuliano: «Io nato nel contrabbando di sigarette»
La camorra però ha le sue radici nel contrabbando di sigarette, famosi i cosiddetti «scafi blu». Vere e propri missili a motore che trasportavano i carichi da una parte all’altra dell’Italia, e non solo, tonnellate di sigarette. Per Luigi Giuliano, il capo di Forcella, e la sua organizzazione è stata una vera miniera d’oro. «Io – dice – sono nato nel contrabbando di sigarette, ho conosciuto tutti i grandi personaggi, a cominciare da quelli della mia famiglia. Il contrabbando è nato a Santa Lucia. Io ho cominciato fin da bambino a interessarmi e a essere ‘inserito’ nell’affare, era l’inizio degli anni Cinquanta».
All’inizio, spiega il collaboratore di giustizia, «era qualcosa di ‘spontaneo’, ognuno, naturalmente inserito nell’ambiente, poteva partecipare con le puntate, per acquistare le sigarette; le cose sono cambiate con l’avvento di Michele Zaza e della mafia, anche se Cosa nostra era quella che storicamente controllava il contrabbando a Napoli, lo faceva già ai tempi di Lucky Luciano. E’ con lui che avvenne il salto di qualità».